RandoMondo

250519_14Non voglio dilungarmi troppo su che cos’è una Randonnèe. In rete si trovano svariati siti che spiegano in modo dettagliato ed esaustivo come nasce questo tipo di prova e in cosa consiste.
Quindi la farò breve: c’è un ciclismo sommerso e diverso, che non è fatto di sprint, volate, gruppi, capitani, gregari, ordini d’arrivo, premi, onori o altro. Un ciclismo che non si vede in tv, che non prevede un numero da attaccare sulla schiena o uomini dai fisici ridotti all’osso. Queste sono le rando.

Le randonnèè sono delle prove di lunga distanza (da 200, 300, 400, 600 o over 1000 km) da percorrere in totale autonomia e autosufficienza. C’è un tempo minimo e soprattutto un tempo massimo entro il quale completare il brevetto: 13 ore per i 200km, 20 ore per i 300km, 27 ore per i 400km, 40 ore per i 600km. Chiunque arrivi al traguardo entro il tempo limite, è brevettato. Lungo il percorso da seguire, ci sono diversi punti di controllo dove viene timbrata la carta di viaggio: il cartellino giallo che attesta il passaggio del randonneur, o “randagio” come piace a me.

Da subito sono rimasto affascinato da questo mondo e a colpirmi sono state principalmente due cose: l’assenza di competizione (come dicevo nelle randonnèe infatti non ci sono vincitori, podi, premi o ordini d’arrivo) e la sfida, totalmente e unicamente con sé stessi, di coprire distanze immense con la propria bici, le proprie gambe e la propria testa.
E poi ad affascinarmi terribilmente ci sono le notti solitarie passate in sella, nel buio e nel silenzio, in mezzo alla natura, le albe e i tramonti e immagini che rimangono indelebili nell’anima e che non so se sarò mai in grado di raccontare fino in fondo.

Ma chi te lo fa fare di pedalare tutte quelle ore, per non ricevere poi neanche una medaglia o un riconoscimento?” Quante volte me lo sono sentito chiedere. Credo sia la passione, la voglia di sfidare sé stessi, lo spirito di avventura, o più semplicemente il mio modo d’essere. Personalmente non ho mai sopportato la competizione delle granfondo, il procedere in gruppo in modo forsennato, tutti a testa bassa… Non lo condanno, intendiamoci, ma è un tipo di ciclismo che non mi appartiene. Nasco cicloturista, non ciclista e il mio mondo è questo.
I Randonneurs vengono spesso appellati come “randagi” per la loro capacità di adattarsi al momento e al luogo: mangiare quel che si trova in giro, dormire dove capita quando arriva la classica botta di sonno, passare ore e ore in silenzio e solitudine, magari immersi nel buio, sulla propria bicicletta.

Se tutto questo ti affascina, o anche solo vuoi provare a capirne di più, io ho provato a condividere in queste pagine la mia esperienza. Bada: non sono regole o dogmi inconfutabili: se chiedi a 10 randonneurs probabilmente otterrai 10 risposte diverse, quindi quelle che seguono sono esclusivamente le mie idee e come tali vanno prese. Niente di più.

Dunque riassumo tutto nelle “3A”. Il resto lo lascio ai miei racconti.

Allenamento e distanze
Attrezzatura (bici, borse, luci…)
Alimentazione

Buona strada!

I MIEI ULTIMI RACCONTI RANDAGI: