Randonnée del solstizio d’inverno

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Ci sono tante credenze e leggende sul solstizio d’inverno, buoni e cattivi presagi: le tenebre che conquistano il giorno, la rinascita della luce e così via.

In ogni caso, la costante, rimane che si tratta della notte più lunga dell’anno… Soprattutto se la si passa in bicicletta!

Sono circa le 18.30 di sabato 21 dicembre quando parcheggio l’auto a Arco (TN) e mi incammino verso il centro, sotto un cielo buio e tetro. Il paese dà subito un bellissimo colpo d’occhio: con i suoi mercatini, i palazzi illuminati dalle luci natalizie e le decorazioni. Saluto diversi amici, ritiro il cartellino giallo e alle 20 è tempo di prepararmi e mettermi in coda alla partenza, mentre un’aria pungente soffia sui nostri volti intirizziti.

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Bardati come cavalli svedesi e puntuali come treni svizzeri, alle 20.30, accanto ai neo campioni italiani Rosanna e Franco, muovo le prime pedalate nel buio. Neanche il tempo di innestare il rapporto più lungo che a Franco cade la catena, ma in pochi secondi il problema è risolto come se niente fosse. Nella prima parte di percorso ci muoviamo verso nord fino a raggiungere Dro, dove inizia una salita di un paio di km. Raggiungiamo in sequenza il lago di Cavedine, il lago di Toblino con il suo castello e Santa Massenza dove è posto il primo auto-controllo. Ci rammarichiamo nel non poter vedere con la luce questi posti che intuiamo essere molto belli.
Ripercorriamo grossomodo il medesimo percorso a ritroso, fino a tornare nuovamente ad Arco, dove ci attendono panettoni, torte e una bella cioccolata bollente densa come catrame. Incurante di ogni decoro, ripulisco il fondo del bicchiere col dito.

Passati i primi 50km, ci attende ora il periplo del lago di Garda, iniziando dal versante veneto. Un vento sempre più sfacciato e incessante ci sospinge alle spalle, permettendoci di tenere una velocità di crociera sempre intorno ai 33/35 km/h. I paesi, luccicanti per le imminenti feste di natale, si susseguono uno dopo l’altro sotto al cielo stellato, mentre il lago scuro e agitato, mormora e ci sorveglia al nostro fianco.

Raggiungiamo Peschiera del Garda dopo 113Km. In corrispondenza del McDonald’s è posto il terzo controllo di nottata. Fino qui è stata una pacchia, nonostante il freddo e il sonno. Sappiamo però che ora inizieremo a risalire il lago dalla sponda opposta e quel vento che ci ha sospinti fino a questo punto, presenterà ora il conto.
A Desenzano, come previsto, la musica cambia. Le folate impetuose ci colgono di sorpresa facendoci sbandare, mentre un tracciato con continui saliscendi, si srotola davanti alle nostre ruote. Ci ritroviamo sulla stessa strada di Alpi4000. Anche allora era notte fonda quando passai di qui. Ero solo in quell’occasione, mentre oggi avere accanto Franco e Rosanna mi inorgoglisce e mi fa pensare a quanta strada abbia percorso nell’ultimo anno e mezzo: su e giù dai pedali.

A Portese ci attende il quarto e ultimo auto-controllo, prima di raggiungere in sequenza Salò e Gardone Riviera. Nel tratto che ci separa da Toscolano Maderno, al vento si aggiunge la pioggia che, km dopo km, si fa sempre più incessante. Nel cielo intanto non si vedono più le stelle, ma quello che c’è sopra i nostri caschetti ha lo stesso colore cupo e misterioso del lago; quasi non ci fosse più un confine preciso tra il cielo e la terra.
Arriva il tratto delle lunghe gallerie dalla gardesana occidentale, che non capiamo se sono un bene o un male perchè, se da un lato ci prendiamo una pausa dalla pioggia, dall’altro il vento che si incanala si fa più deciso, congelandoci. A Limone del Garda siamo ormai completamente fradici e ibernati, mentre la solita, inevitabile, domanda fa capolino: “Ma chi me lo fa fare?“. Come sempre non mi do risposta, una razionale, ma intanto vado avanti nonostante il buio, la pioggia e il vento. A Riva del Garda tiriamo un lungo sospiro di sollievo: sappiamo che ormai mancano un pungo di km e che presto saremo al riparo e davanti a qualcosa di caldo. Quel “presto” però sembra non voler arrivare e gli ultimi km sono infiniti. Zuppi e fradici, parcheggiamo le bici sotto la tettoia del ristorante e entriamo grondanti da ogni dove. E’ fatta! L’ultimo timbro e la toppa mi vengono consegnati in sequenza. Provo a scaldarmi con un caffè d’orzo, mentre alla spicciolata arrivano altri randagi umidi e tremanti. Ce ne sono ancora tanti per strada e saranno tutti ormai sotto l’acqua battente.

Saluto e ringrazio Franco e Rosanna prima di avviarmi, scosso dai brividi per il repentino cambio di temperatura, verso l’auto. Carico la bici nel bagagliaio sotto al diluvio, mi chiudo nell’abitacolo e mi cambio cercando di asciugarmi alla bene e meglio. Il riscaldamento lentamente mi fa riprendere sensibilità ai piedi. Si torna a casa, si torna da Claudia che sicuramente sta ancora dormendo. Il cielo è ancora completamente buio e la pioggia sembra non volerne sapere di smettere, mentre incrocio gli ultimi avventurieri avanzare sfatti in senso opposto al mio.

Potrei continuare col racconto del rientro a casa, condito dalla foratura della gomma dell’auto pochi km dopo la partenza. Attendo il cessare della pioggia e lo schiarirsi del cielo per scendere e cambiarla, ma in fondo è pur sempre la notte più lunga dell’anno e tutto sommato, questa, è un’altra storia.

Il mio percorso