Il terribile Muro di Sormano

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Una delle salite che puntavo da tempo e con la quale avrei voluto un giorno misurarmi era sicuramente in Muro di Sormano. Fino a qualche anno fa, il solo pensiero sarebbe stato altamente azzardato, ma ora, viste anche le buone risposte avute nelle salite affrontante le scorse settimane, sono deciso a provarci.

Il Muro di Sormano è definito “La pista ciclabile più dura del Mondo”.
Questa terribile salita, nota ai ciclisti per le sue pendenze impossibili, venne introdotta per la prima volta nel mondo del ciclismo professionistico da Vincenzo Torriani nel Giro di Lombardia del 1960, dopo aver affrontato il Ghisallo. Lo scopo era quello di rendere la corsa più selettiva. Vi riuscì talmente tanto che molti professionisti furono costretti a scendere dalla bici e farsela a piedi (tenendo conto dei pochi rapporti disponibili all’epoca sulle bici).
L’inferno del Muro di Sormano rimase nel percorso della classica della foglie morte per 3 anni poi, vuoi perchè i corridori ricevevano troppe spinte falsando così la gara, vuoi perchè venne costruita la nuova strada provinciale, il “Mostro impossibile” venne abbandonato.
Il Muro di Sormano, abbandonato a quel punto dal traffico veicolare, dormì fino al 2006, anno in cui venne ripavimentato e rimesso a disposizione dei temerari ciclisti che volevano tentare l’impresa, divenendo una vera e propria pista ciclabile lunga 2,4 km con pendenze che arrivano al 25% e che conducono dagli 831m ai 1124m della Colma di Sormano.
Nel 2012 il Muro di Sormano viene reinserito nel percorso del Giro di Lombardia. A stabilirne il record è Purito Rodriguez che lo completa in 9′ 02″.

mds2Con me il record di Purito può dormire sonni tranquilli. Il mio obbiettivo è solo arrivare in cima senza mettere il piede a terra.
Parto presto e alle 8,30 sono già alla Stazione di Porta Garibaldi di Milano dove, poco dopo le 9, parte il treno per Erba.
Da qui inizia la mia avventura: la strada comincia a salire con pendenze poco impegnative verso Canzo e Asso.
Passo accanto al bellissimo Lago del Segrino e scopro che una ciclabile, che percorro solo in parte, permette di effettuare l’intero giro del lago.
Giunto ad Asso imbocco la SP44 che porta a Sormano. Non c’è molto traffico su questa strada, la giornata è bellissima e io continuo la mia ascesa verso Sormano. Molti ciclisti mi sorpassano in questo tratto, ma io vado su del mio passo, senza forzare perchè so che dovrò giocarmi ogni energia sul Muro.
Poco dopo Sormano si trovano le indicazioni per Lui, il famigerato mostro.

Abbandono la SP44 e imbocco una stretta stradina sulla sinistra. Tra le due strade è impossibile non notare il “monumento” che annuncia il mio incubo. Oltrepasso un piccolo ponte, smollo il cambio e quello che mi trovo dinnanzi mi lascia senza respiro ancora prima di inziare l’arrampicata. Anche visivamente il Muro fa letteralmente impressione. Inizio a salire badando di tenere a bada il respiro, per quanto possibile. In men che non si dica la testa si svuota di ogni pensiero e le tempie iniziano a pulsare. Sull’asfalto è riportato ogni metro d’altitudine che si sorpassa e, poche pedalate dopo l’inizio, a dare il benvenuto sul Muro è una frase di Bartali scritta sull’asfalto:

mds3Un passista non ha alternative. Deve arrivare ai piedi del muro con almeno dieci minuti di vantaggio così poi, se lo fa a piedi impiegando un quarto d’ora di più di quelli che lo faranno in bici, arriverà in cima con cinque o sei minuti di ritardo e potrà ancora sperare”.

Mi rendo ben presto conto come sia impossibile staccare anche solo una mano dal manubrio per scattare una foto, per asciugarmi la fronte o per scansare gli insetti che si poggiano sulla pelle. Capisco anche che se mettessi un piede a terra, sarebbe impossibile ripartire. Un bambino, a piedi col padre, mi incita a non mollare. Regalo un sorriso sudato e continuo la mia agonia. Se sto seduto sento la ruota anteriore impennarsi, così sto per lo più in piedi, oppure piegato tremendamente in avanti. Ai 950m si fuoriesce dal bosco. Nuove scritte sull’asfalto segnalano la posizione dei vari monti che si possono ammirare. Sempre sull’asfalto si trovano anche scritti gli ordini d’arrivo del 1960, ’61 e ’62.
Ai 1050m penso di non farcela. E’ uno dei punti più duri, ma in un attimo di lucidità mi dico che mancano solo 50m d’altitudine e che non posso mollare proprio ora.
Una scritta di Bartali ammonisce di nuovo:

Davanti il 50 e il 42, dietro il 24, 17, 19, 23, 26 perché codesta gli è una salita da fare col 42×26 un si scappa; è durissimo il primo strappo che si dovrà fare quasi da fermo, perché viene dopo una curva a gomito. Saranno duri quei 2 chilometri abbondanti che ci sono da scalare in quanto presentano curve secche con impennate paurose. Sarà difficilissimo l’ultimo strappo”

L’ultima citazione è invece di Ercole Baldini che nel 1962 stabilì il record di scalata del Muro con il tempo di 9′ 24″

Non mi posso rendere conto del motivo per cui Torriani abbia voluto scegliere una novità di tale genere. Capisco che il Ghisallo non dava più garanzie di selezione, ma francamente si è esagerato nel senso opposto. Questa salita è semplicemente bestiale, impossibile da percorrere”.

Parole che bagno col mio sudore, ma ormai vedo apparire in lontanaza la sbarra che delimita la fine del Muro e l’arrivo alla Colma di Sormano. Un ultimo sforzo e ci sono e me la godo appieno.

mds4Il panorama dalla Colma è sensazionale. L’emozione è tanta, sento gli occhi brillare. Mi rammarico nel non aver potuto scattare qualche foto così, preso dall’euforia, decido di scendere tramite la SP44 al punto d’inizio e ripercorre il Muro a piedi fermandomi ad apprezzare ciò che prima non ho potuto fare. IMPORTANTE: Non pensate di percorrere il Muro in discesa, rischiereste l’osso del collo inutilemnte. Meglio prendere a destra la SP44 che vi riporterà al punto di partenza.

Detto fatto e rieccomi al principio. Qui incontro due giovani ragazzi che mi chiedono informazioni sul Muro. Li esorto a provarci, dicendogli che l’ho appena percorso. Mi chiedono di rifarlo con loro, ma declino l’invito dicendo che voglio godermelo a piedi e scattare qualche foto. Li ritrovo circa a metà percorso dicendomi che “E’ impossibile salire di lì“. Sorrido e percorriamo l’ultimo tratto insieme a piedi.

Giunto di nuovo alla Colma di Sormano, saluto i miei “compagni di Muro” e mi getto in discesa verso Nesso. L’asfalto è in ottime condizione ma è comunque una discesa piuttosto tecnica. Il panorama, che si spalanca sul lago, è semplicemente fantastico.

Raggiugno Como dopo una serie di saliscendi e dopo aver percorso 47km dalla partenza da Erba.

A Como riprendo il treno e improvvisamente sento tutta la fatica affiorare sulla pelle. Scambio due chiacchiere con un altro ciclista, ma entrambi cadiamo quasi inconsapevolmente in un sonno profondo.

Dormo tranquillo mentre il treno mi riporta verso casa. Ora il Muro di Sormano non è più un mostro impossibile, ma un piccola impresa della quale andrò sempre fiero.
Pedalo per i 22Km che separano la stazione da casa con un sorriso stampato in faccia.
Giunto a casa riguardo le foto… Fa davvero impressione!