Fool for a lonesome train

 

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…The lifetimes we’ve left behind
With strangers
Promises and lies both have
Their dangers
I just can’t be wrong enough
And I can’t hide for long enough
So far away but I still feel
Your pain…”.

Così canta Ben Harper in una delle sue canzoni meno famose, ed è così che alle prime luci dell’alba mi ritrovo in stazione centrale, bici al seguito, pronto a partire. Destinazione? Tresenda-Aprica-Teglio. Una stazione con tre nomi, che quando scendo non capisco mai di preciso dove sono.

Il treno si allontana lento da una Milano ancora assopita e la sensazione è quella di essere rapito da una realtà che vorrei portare con me. Scambio quattro chiacchiere con altri ciclisti, ognuno con il suo stile e i suoi obbiettivi ben fissati nella testa. Muovo le prime pedalate sulla ciclabile del sentiero valtellina che, in una decina di km pianeggianti, utili per riscaldarsi, mi conduce a Tirano. Da qui si cambia registro, con la strada che inizia inesorabilmente ad arrampicarsi. L’asfalto sale abbastanza regolare sotto le ruote, con pendenze che oscillano tra il 7 e il 9%, fatta eccezione per un tratto a Ponschiavo dove spiana per diversi km. Salita lunga quella del Bernina: 34km in tutto con un ambiente circostante che pian piano si fa più affascinante, brullo e selvatico. Ad accompagnarmi l’omonimo trenino rosso, che incrocio a più riprese. Ancora un treno nel mio destino, ancora un treno sul mio cammino. Nel vero senso della parola perché diverse volte i binari solcano la sede stradale.

Arrivato oltre i 2000m d’altitudine, la vegetazione è pressochè un ricordo e il sole, che splende nel cielo azzurro senza nuvole, mi fa sudare copiosamente.

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Negli ultimi 3 km di ascesa la stanchezza si fa sentire, ma lo spettacolo naturale è talmente appagante da ignorarla quasi completamente. In cima spira un vento fresco e deciso, quel vento che ormai conosco bene e che so mi terrà compagnia schiaffeggiandomi per il resto della giornata e obbligandomi a pedalare anche nei tratti di discesa. A St. Moritz le pendenze favorevoli si esauriscono per una ventina di km e il vento fa evaporare le ultime energie residue. Sento le gambe girare a vuoto, ma è la testa a correre in aiuto lasciandomi credere quello che vorrei. Riprendo a spingere senza mai voltarmi, raggiungo due ragazzi, lui e lei, respinti anche loro da quel soffio incessante. Mi metto davanti senza pensarci, prendendomi quel vento prepotente che mi secca le labbra e mi usura le gambe, ma non mi importa: “Give till it’s gone”. Così canta sempre Ben Harper in un’altra canzone. Dal Passo Maloja la discesa riprende, ma l’incessante tormenta obbliga comunque a spingere sui pedali. Rientro in Italia e raggiungo Chiavenna, dove parte un drittone di 20km. Se possibile, il vento si fa ancora più sfacciato e opprimente. Scarto l’idea di proseguire sino a Colico e decido, dopo 130km, di fermarmi a Novate Mezzola e farmi raccogliere dall’ennesimo treno che incontro sul mio cammino. Pochi minuti per raggiungere Colico, cambiare convoglio e salire su quello che mi riporterà a casa. Mi si avvicina il controllore. “Biglietti prego”, mi osserva, guarda i segni che porto, crede di intuire, sorride e se ne va. Prosegue nel suo cammino, così come il locomotore, mentre la stanchezza ha la meglio, gli occhi si chiudono senza appello e la testa si adagia sul sellino della bici.

Mi ritrovo così in stazione centrale a Milano qualche ora più tardi, con quello spettacolo mozzafiato ancora negli occhi, la stanchezza nelle gambe, segni che spariranno, altri che rimarranno indelebili per sempre e la certezza che con i lonesome trains non sia finita.

Altimetria Bernina
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