Dolo (VE) – Maniago (PN)

Viaggio2_3Distanza: 113 Km

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Bollettino del mattino: le gambe sono di legno, il fondoschiena a pezzi, la schiena rotta, metà corpo arso. Mettermi in sella in queste condizioni la vedo dura, ma mi distraggo pensando alla colazione. Perdo il conto alla 15a fetta biscottata con marmellata. Avrò esagerato? Forse, ma rispetto al risveglio mi sento molto meglio. Si parte!

E’ ferragosto e in giro non c’è nessuno. Raggiungo Mestre in poco tempo e l’aria salmastra rinfranca il mio spirito. Vorrei vedere il mare, ma passo solo vicino a una moltitudine di canali. Niente mare però. Sento solo il profumo lontano.
Valuto l’ipotesi di una deviazione, ma mi ripeto di essere già in condizioni precarie, così proseguo per il percorso prestabilito.
Il mio cuore si riempie d’orgoglio quando poco dopo mezzogiorno passo sul Piave. Guardo il tricolore sventolare sui pennoni del ponte e mi alzo sui pedali.
E’ presto così, raggiunto Oderzo e appurato che mi restano “solo” 50 Km, decido di prendermi una pausa piuttosto lunga.
Rifocillo le energie e schiaccio un pisolino su di una panchina. Sono le 15 quando riparto.
Le energie sembrano stranamente essersi moltiplicate, così fino a Pordenone tengo un’andatura che non avrei pensato di poter tenere. Alla vista del cartello mi scappa un sorriso, ma improvvisamente e inaspettatamente mi sento svuotato di ogni energia. E’ crisi. Mi ripeto che non posso mollare proprio ora, ma le gambe sembrano essersi improvvisamente fermate, proprio quando la strada comincia la sua piccola inesorabile ascesa. Provo a dissetarmi, mangiare qualcosa, ma non c’è nulla da fare.
Più che con le gambe, continuo con la testa, col cuore. La pedalata è lenta e pesante. Un ciclista, vedendomi in netta difficoltà, mi sostiene e mi incita fino a pochi chilometri dalla fine. Non so come si chiami o chi sia, ma forse senza di lui non ce l’avrei fatta.

Conto ormai i minuti che mancano all’arrivo. La strada si impenna, ma non c’è più niente che mi possa fermare. Vedo in lontananza il cartello “Maniago” e sento la felicità esplodermi nel petto. Mi verso sulla testa gli ultimi sorsi d’acqua che ho e sorrido da solo. Sono felice. Ce l’ho fatta!