Dott. Barro e Mr. Valcava

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Ecco un altro week end e da buon lupetto a caccia di salite, decido di scalarne due. Una non l’ho mai fatta, l’altra aimè, si.

Sono passate abbondantemente le 9 quando scendo dal treno e muovo le prime pedalate da Merone, baciato da un fresco sole mattutino. Costeggio il lago di Pusiano, prima di giungere a Oggiono e spostarmi sulle rive del lago di Annone. Giunto a Sala al Barro inizia la prima fatica di giornata. Sino a Galbiate la salita è pedalabile, mentre dalle porte dell’abitato, si fa più impegnativa con alcune rampe decise. A dire la verità, giunto nel cuore del paese, sbaglio clamorosamente strada aggiungendo un paio di rampe non dovute alle mie gambe. Abbandonato Galbiate la strada si perde nel bosco, sale costante, lasciando intravedere da subito alcuni incantevoli scorci. Nonostante i km non siano molti, le pendenze sono comunque di tutto rispetto e non vanno sottovalutate. Giunto in cima, mi imbatto subito nello splendido monumento in memoria degli alpini e in una vista spettacolare. Sembra di essere a oltre 2000m, invece non sono neanche a 800! Vedo i tre laghi lambiti poco prima e l’intera vallata. Spettacolo a cielo aperto. Rimango lì, in contemplazione, con lo sguardo che si perde all’orizzonte, il sole che mi bacia la pelle e i pensieri che si fanno silenti. Il Monte Barro mi sembra quasi una cura per lo spirito, una medicina.

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Scendo obbligatoriamente dalla medesima strada anche se vorrei trattenermi lassù per un tempo indefinito. L’asfalto non è affatto in perfette condizioni e quindi non posso concedermi un ultimo sguardo al panorama.
Tornato a Galbiate, seguo le indicazioni per Garlate prima e per Calolziocorte poi, dove passo dall’altra parte dell’Adda. “The dark side of Adda”. Noto i primi cartelli per Torre De Busi, chiaro messaggio che sta per iniziare la seconda, impegnativa, ascesa di giornata. Si tratta della temuta Valcava, una delle salite più ostiche e rispettate della zona. L’avevo già percorsa nel 2014, sempre dal medesimo versante, quello più tosto e da allora non l’ho dimenticata.
12 km in tutto per arrivare ai 1319m del valico. 12 km divisi in due parti: i primi 8 abbastanza costanti che oscillano tra il 6 e l’8%, gli ultimi 4 che si impennano e si attestano costantemente sopra il 10%. L’inizio della seconda parte, quella che da il via all’andatura ciondolante, al fiato corto, al sudore che scende copioso dalla fronte; è annunciata da un cartello posto poco prima di una curva a destra che sancisce perfido la pendenza al 18%!!!
La prima volta quel cartello mi colse di sorpresa, ma ora che conosco il mio destino, mi faccio trovare pronto con un respiro profondo e il cambio agile. So che da lì in poi l’asfalto non mollerà, come una preda che da tutte le energie prima di cedere. La Valcava è così: indomita, spigolosa, crudele, ma metro dopo metro, il valico si fa sempre più vicino fino a materializzarsi sotto le ruote.
La soddisfazione è palpabile. Mi godo la vista da ambo i versanti: uno al sole, l’altro ancora innevato. Due facce della stessa medaglia.
Mi avvicino al carrettino di Fausto: un minibar ambulante che viene trainato dall’abitato di Valcava al valico spesso è volentieri, con cibi e bevande a disposizione di ciclisti e motociclisti. Fausto è un personaggio: simpatico, con la battuta pronta e sembra conoscere chiunque transiti di lì. Mi fermo un po’ con lui e gli racconto di Luparound. Alla fine non mi fa pagare nulla e mi dice di versare quei soldi per la nostra iniziativa. Lo ringrazio infinitamente e grazie a lui, alla sua simpatia e al suo buon animo, anche la terribile Valcava mi sembra meno cattiva.

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Scendo dal medesimo versante e, puntando in direzione casa, oltrepasso nuovamente l’Adda.

Mi dico di andare avanti ancora un po’, costeggiando le rive del placido fiume. Brivio, Imbersago, Robbiate sono alcuni dei passi dove passo, prima di staccarmi definitivamente dall’argine. Pedalata dopo pedalata arrivo, tramite la ciclabile della Martesana, sino a Cassina De Pecchi. Potrei andare avanti e arrivare così sino a Milano. Penso però che i km sono già più di 100, che il giorno dopo sarò di nuovo in sella, che le due salite si fanno comunque sentire. Così opto per caricare la bici sulla metropolitana e rincasare.

Mentre le immagini scorrono confuse oltre il finestrino, ripenso a tutta la giornata, alle due salite così opposte, ma in barba alle sensazioni iniziali, per quanto mi sforzi ora, non riesco più a vederne una malvagia.

Percorso

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