Valcava: 4 km senza tregua!

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Scalati senza troppe difficoltà la salita verso Consonno e il Ghisallo, decido di misurarmi con qualcosa di più impegnativo: la salita verso il Valico di Valcava dal versante lecchese di Torre de’ Busi, quello più duro. Mi avevano preannunciato che gli ultimi 4 km sarebbero stati un autentico calvario, ma non mi aspettavo tanto!

La salita al Valico di Valcava (1340 m), che mette in comunicazione Lecco con Bergamo, non è molto nota ma merita sicuramente. Nel lariano è considerata una delle salite più dure della zona. E’ stata affrontata più volte anche nel Giro di Lombardia e il suo asfalto ha sempre regalato vittime illustri, come ad esempio Laurent Fignon nel 1986, che andò in crisi lungo l’ascesa. In quell’occasione la classica delle foglie morte fu poi vinta da Baronchelli.
La salita inizia circa 1 km prima di Torre de’ Busi, piccolo centro abitato in provincia di Lecco. Misura 12 km e, se la prima parte la si affronta senza grossissimi problemi, lo stesso non si può dire degli ultimi 4 km con pendenze che oscillano costantemente tra il 14 e il 18%.

Vc2Parto di buon’ora da casa e, dopo 16km giungo alla stazione di Porta Garibaldi da dove, dopo pochi minuti d’attesa, parte il mio treno per Calolziocorte (LC). Il viaggio è reso piacevole dalla compagnia di un altro ciclista che, con la sua mountan bike, sta andando a Lecco per poi rientrare verso Milano tramite il percorso che si snoda lungo l’argine dell’Adda.
Ci salutiamo dopo esserci augurati buona fortuna a vicenda.
Nel cielo splende un sole pallido, di tanto in tanto sovrastato da qualche nuvolone grigio. La giornata è fresca e, i primi km da subito in salita, scivolano via senza che me ne accorga. Giunto quasi a Torre de’ Busi l’asfalto si fa più ripido e io comincio a tenere sotto controllo il respiro per non rischiare di andare in affanno.
Dal secondo al settimo km la salita si fa sentire con pendenze che oscillano tra il 7 e il 9%.
Salendo non si hanno riferimenti, quindi non ho grosse idee quanti km abbia percorso e quanti me ne rimangono.
Poco dopo l’abitato di San Marco incrocio un signore sul ciglio della strada che, senza troppe remore, mi intima di spingere di più sui pedali. Vorrei fermarmi, lasciargli la bici, e dirgli di pedalare lui al posto mio. Noto però che ha un fucile in spalla e un cane al seguito, così opto per accennare un sorriso sudato e continuare per la mia strada.
Giunto all’ennesimo tornante scorgo sulla destra il famigerato cartello che annuncia il tratto successivo al 18%. Vc3Lo voglio fotgrafare e così, senza fermarmi, estraggo la macchina dalla borsa anteriore. Già che ci sono faccio una foto anche al bel panorama, aperto sulla valle lariana, mentre svolto la curva. Quello che mi trovo davanti è un autentico muro d’asfalto. Getto in fretta e furia la macchina nella borsa, mentre la bici comincia ad oscillare. Afferro il manubrio con entrambe le mani, sento la bici quasi impennarsi e allora mi alzo sui pedali. Da qui parte un tratto durissimo, dove salvare gambe e fiato è fondamentale. Stringo i denti, la testa si svuota da ogni pensiero. Sofferenza e poco altro. Non mollo, non voglio mettere il piede atterra e, sorpassato il primo durissimo tratto, riesco a trovare una sorta di compromesso tra l’andatura ciondolante e il fiato corto. So per certo che a questo punto mancano meno di 4km, ma sembrano non finire più.
Vedo i ripetitori, che segnano il Valico, sempre più vicini, ma eppure ancora così tremendamente lontani.
Lentamente la salita molla la presa e, quasi aprissi gli occhi dopo un coma profondo, riesco di nuovo ad apprezzare l’ambiente circostante: il bosco ha lasciato spazio a un ambiente brullo e privo di alberi, mentre dei prati punteggiati da fiori bianchi fanno capolino sulla sinistra. Arrivo in cima ricolmo di soddisfazione, mentre dei nuvoloni grigi e una sinistra foschia si annidano in vetta.
Mi copro subito e, soddisfatto di non aver mollato, ripercorro con lo sguardo la salita. Ce l’ho fatta!

Giusto il tempo di qualche foto e mi getto in discesa, al fine di evitare una probabile pioggia.
Come letto in rete, opto per scendere seguendo le idicazioni per Costa Valle Imagna. La discesa tira parecchio, ma non è difficile. Dopo Costa Valle Imagna la strada spiana, per riprendere la discesa a Roncola.
Qui la picchiata è più ripida e, in men che non si dica, mi ritrovo a Brembate di Sopra.
Alle mie spalle vedo i nuvoloni scuri offuscare il Valico, mentre su di me torna a far capolino il pallido sole.
Seguendo strade poco trafficate passo da Mapello, Bonate, Madone, Trezzo sull’Adda e Cassano d’Adda. Qui mi ricongiungo alla ciclabile della Martesana che mi conduce sino a Milano.
Nel frattempo un forte vento contrario comincia a spirare da sud. La fatica comincia a farsi sentire e gli ultimi 20 km controvento sono forse ancora più sfiancanti della salita.
Raggiungo casa dopo aver percorso 130 km (mappa) e circa 6 ore in sella. Sono esausto, ma soddisfatto e fiero.

Sicuramente la Valcava è una salita impegnativa, ma se fatta col proprio passo e senza farsi prendere dall’affano, ce la si può fare. La soddisfazione non mancherà di ripagare la fatica.

Consiglio vivamente di scendere dal versante dove son sceso e, se non si vuole ritornare sino a Milano (o altrove) pedalando, si può optare per riprendere il treno a Bergamo (mappa). In tal caso il percorso è di una 50ina di km.

Dettaglio della salita
Sito della Valcava