Randogiro Dell’Emilia

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DISTANZA:
397Km 
DISLIVELLO:
3700m D+
PARTENZA / ARRIVO:
Spilamberto (MO)
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SALITE AFFRONTATE:
– Pantano (639m)
– Levizzano Rangone (206m)
– Serramazzoni (769m)
– Samone (618m)

PolliceSu
– Il fatto che ogni anello si concluda nello stesso punto, dove è presente ristoro e dormitorio, è un valore aggiunto che rende la prova più agevole sia logisticamente che moralmente
– Ambiente affascinante, soprattutto nella parte appenninica
– Personale / organizzatori gentili e disponibili
PolliceGiu
– La salita di Levizzano Rangone è eccessivamente dura e inutile, soprattutto se affrontata nelle ore più calde come in questo caso. Molti infatti l’hanno saltata tirando dritto (si potrebbe mettere un controllo autogestito), altri l’hanno percorsa al contrario (ben più agevole).
– Nel secondo anello è previsto un solo ristoro. Calcolando che lo si affronta di notte, valuterei di eliminarne uno nel primo anello (Carpi) a favore di uno in più nel secondo, più utile ai partecipanti per scacciare fame e sonno.
– Con la giornata particolarmente calda e afosa, valuterei nei ristori della frutta locale o comunque prodotti per valorizzare il territorio.
VALUTAZIONE COMPLESSIVA
3

Dopo un solo giorno di riposo dalle fatiche della RandoNovatese, Claudia e io decidiamo di allungare le distanze e prendere parte al Randogiro dell’Emilia. Tre anelli da circa 200Km ciascuno e tre brevetti a scelta: 200, 400 o 600Km. Claudia opta per il 400, io vedrò strada facendo se propendere per il 400 o 600.

Così, venerdì pomeriggio ci ritroviamo sull’ennesimo treno di quest’anno. Destinazione Castelfranco Emilia. Quando arriviamo è ormai ora di cena, perciò optiamo per fermarci subito a mangiare (con sentiti ringraziamenti del titolare che ci fa gentilmente parcheggiare le bici all’interno del locale). Raggiungiamo il nostro albergo, poco dopo Spilamberto, sede di partenza e arrivo della manifestazione, dopo una decina di km in bici, con il sole che volge lentamente al tramonto.

Sabato mattina ci svegliamo con calma: la partenza è fissata alle 8 e abbiamo tutto il tempo per prepararci. Una veloce colazione e via in sella per raggiungere Spilamberto che dista non più di 2Km.
Alle 8 in punto si parte, sotto un cielo già chiaro e un’aria calda che crea un’autentica cappa di afa su tutta la pianura.
La prima parte di tracciato è veloce e non presenta difficoltà. I vari gruppi e gruppetti spariscono all’orizzonte, mentre noi procediamo del nostro passo. Siamo gli ultimi a raggiungere il primo controllo, posto a Carpi, dopo 47Km.
Questa prima parte di tracciato è sì la più agevole, ma contemporaneamente la più monotona. Non contribuisce sicuramente il clima: appena il sole si fa più intenso il caldo si fa torrido e l’aria irrespirabile. Superata Rubiera i primi saliscendi si alternano sotto le ruote e il paesaggio si fa più vario. Raggiungiamo così il secondo check point, posto a Roncolo, dopo 102Km.

Ripartiamo in pochi minuti, raggiungendo diversi randagi coi quali condividiamo percorso e fatica. In pochi minuti l’asfalto prende ad arrampicarsi sugli appennini emiliani e magicamente l’ambiente si fa da subito suggestivo e appagante. Paradossalmente, nonostante la fatica della salita, anche il clima si fa più gradevole: alzandoci di quota notiamo una sorta di nebbia soffocante avvolgere tutta la bassa come un lenzuolo.
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Ai 639m di Pantano l’ascesa si esaurisce, ma, dopo pochi minuti di pendenze favorevoli, riprendiamo a salire mantenendoci in quota per diversi chilometri, fino all’abitato di Baiso.
La discesa ci porta sulle rive del Secchia, che costeggiamo per diversi chilometri, fino a svoltare a destra in direzione Spilamberto, che segna anche la fine del primo anello. Siamo di nuovo nell’arida pianura e, dopo aver raggiunto Barbara con la quale procediamo, optiamo per una sosta rinfrescante a una fontana, nella quale, se potessimo, ci getteremmo direttamente.

Giunti a Settecani (Km 192) il traguardo del primo anello disterebbe non più di 10Km, ma la traccia prende decisa a destra inoltrandosi verso la velenosa ascesa che conduce al caratteristico abitato di Levizzano Rangone, meglio nota come “Salita di Cimitero”. Il nome non è certo confortante e sicuramente non smentisce il sinistro presagio. Le pendenze salgono ben presto in doppia cifra e, complici le ore più torride della giornata, si tramuta in un autentico calvario con il sudore che cola copioso da ogni poro. A questo si aggiunge un misto di rabbia e rammarico perché si tratta di una “vigliaccata gratuita” nel senso che la salita era tranquillamente evitabile. A nostro sberleffo si aggiunge il fatto che, mentre sudiamo sette magliette, incrociamo diversi partecipanti locali che, conoscendo il territorio, la percorrono in senso opposto, decisamente più pedalabile. Il loro ghigno di chi ne sa una più del diavolo non è confortante.

Giunti sfatti a Spilamberto dopo 210Km, ci rendiamo anche conto che altri ancora l’hanno proprio evitata, tirando dritti per il traguardo. In questi casi la sensazione non è bella: passa sempre il messaggio che ad avere la meglio sia il più furbo. Un controllo in cima alla salita renderebbe forse giustizia.

In ogni caso: noi la traccia l’abbiamo seguita fedelmente e, dopo un piatto di pasta rigenerante, siamo pronti a rimetterci in sella per il secondo anello, anche se le temperature, abbondantemente sopra i 30°, non invogliano molto.
Ripartiamo in compagnia di Barbara e nel giro di pochi minuti ci ritroviamo sotto il solleone a sudare e solcare la pianura emiliana che, nella nostra immaginazione, corrisponde un po’ a una traversata delle Death Valley americana, ricordando forse l’album di Guccini “Tra la via Emilia e il west”.
Fortunatamente dopo una 30ina di chilometri, la strada prende a salire verso Serramazzoni (769m), permettendoci di superare la cappa sottostante. Lungo la salita, a causa del caldo e dell’eccessiva sudorazione, le gambe si fanno pesanti e nel giro di pochi minuti mi si chiude lo stomaco, non permettendomi più di bere e alimentarmi. Mi chiudo in un religioso silenzio, barcollando spossatamente sui pedali. Claudia invece zompetta allegramente lungo la salita, quasi non percepisse il caldo. Giunti in cima ho una sola soluzione per reintegrare liquidi, zuccheri, provare a sistemare lo stomaco e risorgere da quel buco nero dove sono precipitato: 2 coca cola. Non ne bevo abitualmente, ma in questi casi, non so per quale arcano motivo chimico, funziona. E’ così anche questa volta e, complice il sole che si nasconde dietro le colline e le temperature che si fanno più umane, ritrovo la mia pedalata.
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La strada intanto si mantiene in quota per diversi chilometri che ci conducono a un nuovo controllo e ristoro.
Ripartiamo dopo una sosta rifocillante e in pochi metri l’asfalto si lascia andare a una serpentina di curve che ci riportano a bassa quota sulla riva del Panaro. Un ponte ci permette di passare sulla sponda opposta del fiume, il che si traduce con la fine del tratto pianeggiante e l’inizio della salita che, attraverso una serie di bui tornanti, ci porta ai 618m di Samone. L’ascesa si fa ora più agevole e in pochi minuti raggiungiamo Zocca, paese natale di Vasco Rossi. Come luminarie di natale, risplendono nel cielo scuro della notte le frasi delle sue canzoni più famose. E’ sicuramente il momento più emozionante della manifestazione.
Abbiamo ormai percorso 320Km e per scacciare il sonno che ci bracca le palpebre, ci concediamo un caffè nel bar/pub del paese.

Brevi strappi e saliscendi si prendono la scena, mentre ci manteniamo in quota sulla schiena degli appennini. A Montepastore, dopo 354Km, anche le vette demordono permettendoci di planare a valle. Al Km 273, alle porte di Bologna, è posto un nuovo punto di controllo, in questo caso autogestito con foto per testimoniare il passaggio. Attendiamo qualche istante Barbara, rimasta un po’ indietro in discesa e siamo pronti a ripartire, mentre lentamente il cielo comincia a schiarire. Attraverso una serie di stradine di campagna raggiungiamo il traguardo, dopo 397Km. Claudia e Barbara sognano già il meritato riposo, io dopo un attimo di titubanza decido che per oggi può bastare così. Fisicamente mi sento bene, ma l’idea che nel giro di poche ore possa tornare il caldo torrido del giorno prima non mi conforta affatto. Ci ritiriamo al piano superiore della struttura che ospita la manifestazione per qualche ora di meritato riposo. Molti altri randagi, provati dal clima come noi, optano per la stessa strada.

Riapriamo gli occhi che il sole è nuovamente alto e caldo nel cielo e, forse più assonnati di quando ci siamo coricati, siamo pronti a ripartire in bici destinazione Castelfranco. Cove ci attende il treno che ci riporta a casa.

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