Esco a fare dei Passi: le tappe

1a: Un conto aperto con le Tre Cime di Lavaredo

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Uno dei motivi che mi ha portato qui, è che avevo un conto in sospeso. 3 anni fa, in occasione della prima parte del mio giro nelle alpi, fui costretto a disertare l’ascesa alle 3 Cime di Lavaredo a causa di un tempo da lupi con pioggia torrenziale, freddo e nebbia. Finalmente è giunto il momento di saldare quel conto.
Arrivo a destinazione alle 14 circa e subito mi metto in marcia, immediatamente in salita verso il Passo Tre Croci: 8km regolari immersi nel verde, per giungere ai 1805m. Da qui perdo quota per qualche km, fino a raggiungere l’incantato e romantico lago di Misurina. Me lo godo dato che 3 anni fa non l’avevo visto causa nebbia. Dal lago inizia la salita alle 3 Cime. I primi 3,5km mi lasciano incredulo: la salita viene dipinta da tutti come durissima, ma o ho sbagliato strada o qualcosa non quadra in quanto mi trovo addirittura su un tratto in discesa. Passata la sbarra per il pedaggio dei veicoli motorizzati, ecco che le dicerie che avevo sentito trovano conferma. Partono 4km da apnea totale con pendenze che oscillano tra il 14 e 19%!!! Per fortuna lo spettacolo unico che mi circonda, riesce a distrarmi dalla fatica. Arrivato lassù al rifugio Auronzo, non posso che godermi la vista a 360°, nonostante le nuvole che la limitano. Discesa dal medesimo versante e ritorno a Misurina, dove prendo a destra per Carbonin. Da lì imbocco la statale che mi riporta a Cortina dopo aver superato la selletta Cimabanche (1529m), un facile falsopiano di 2 km. Arrivo appena in tempo per evitare il temporale che si scatena di lì a poco.

2a: Falzarego, Duran e Cibiana

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Alle 9 sono in sella e sono subito in salita verso il Passo Falzarego (2105m). Da Cortina sono 16,5km che salgono regolari senza grosse difficoltà, con un tratto di falsopiano verso metà ascesa per rifiatare. Nella parte finale il fitto bosco cede il passo a scorci imponenti e maestosi.
Lunghissima discesa, per lo più in ombra la mattina, sino ad Agordo. La discesa vera e propria è sino a Caprile, snodo per diverse salite, ma poi le pendenze rimangono comunque leggermente favorevoli, se non fosse che il vento spira in faccia annullando i favori dell’asfalto. Da Agordo imbocco a sinistra per la seconda asperità di giornata: il passo Duran (1601m). 12,5km con tratti davvero impegnativi e severi. Fortunatamente negli ultimi 2,5 km le pendenze mollano la presa e mi permettono di godermi il mix di rocce e verde. La discesa è piuttosto tecnica con la sede stradale che si stringe parecchio. A Forno di Zoldo inizia la terza asperità di giornata: la Forcella Cibiana (1536m). La salita, a parte un paio di tratti duri, non presenta grosse difficoltà, se non fosse altro per il fatto che si tratta della terza fatica di giornata. Nuova discesa tecnica e veloce con curve e controcurve. Passo da Cibiana di Cadore, paese noto per i dipinti sulle case, per poi ricongiungermi con la ciclabile che fiancheggia la statale fino a Cortina. Sono 20km abbondanti tutti in leggera ascesa che, personalmente, odio.

3a: il giro dei laghi

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Il giro odierno lo ribattezzo “Il giro dei laghi” in quanto se ne passano diversi e tutti molto belli. Parto in leggera ascesa per 15km, utili per scaldare le gambe, fino a raggiungere la Selletta Cimabanche (1529m). Niente di impegnativo intendiamoci, basti pensare che si guadagnano 300m in 15km. Da Cimabanche a Dobbiaco sono altri 15km, ma questa volta velocissimi con pendenze leggermente a favore. Volendo, dalla partenza a Dobbiaco, c’è la possibilità di percorrere la ciclabile, che però è sterrata. Ci provo a tratti, abbandonandola quando il fondo si fa troppo sconnesso. Nel frattempo mi imbatto nell’incantato Lago di Landro e successivamente in quello di Dobbiaco. Prendo poi a destra verso San Candido con un’altra ciclabile questa volta asfaltata. Da qui inizia la prima asperità odierna: il Passo Montecroce Comelico (1636m). 15 km non impegnativi, fatta eccezione per un tratto di 1,5km che parte dall’abitato di Moso. A dominare la salita è un colore: il verde, impressionante in alcuni tratti. Discesa tranquilla sino a Padola, dove si abbandona la strada principale seguendo le indicazioni per il centro del paese e Auronzo. Si passa un altro specchio d’acqua, per poi iniziare a salire verso il Passo Sant’Antonio (1489m). Sono solo 5km di salita, ma nella parte centrale e finale vi sono comunque due belle rampe. Fatta una deviazione di 200m per il Lago di S. Anna, mi getto in una discesa di circa 9km abbastanza tecnica, anche per il fatto che inizia a piovere. Ad Auronzo si prende a destra costeggiando il lago e, anche se impercettibilmente, la strada comincia a salire. Anche qui, volendo, c’è la ciclabile sterrata che costeggia la strada. La salita vera e propria per il Tre Croci (1805m) inizia a Stabiziane. 13km dal borgo al passo, con 4 di essi costanti al 9%. Giunto in cima, la discesa verso Cortina fa segnare sul contachilometri il numero 109 e 2000m di dislivello in salita.

4a: il selvaggio Giau e non solo

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La pedalata odierna inizia in leggera discesa: quella della ciclabile che da Cortina mi porta a Peaio in circa 23km. Subito dopo imbocco a destra la strada per Cibiana e, dal ponte sul Boite, inizia decisa la salita verso Forcella Cibiana (1536m) con un km al 10% che sveglia subito le gambe. La salita poi si ammorbidisce per 3km, indicativamente fino alla fine dell’abitato, per poi riprendere a salire decisa con tornanti irti e duri. 10km in tutto prima della meritata discesa. A Dont inizia la seconda fatica di giornata, anche se la strada inizia lievemente a salire qualche km prima. Come per il Cibiana, un km al 10% da inizio alle danze. L’ascesa prosegue poi per altri 12km alternando tratti duri ad altri dove si può respirare. Si passano diversi abitati e il fitto bosco lascia via via spazio ai prati verdi, solcati da una serpentina d’asfalto che mi conduce ai 1773m del Passo Staulanza. Imponente il panorama in cima! Breve discesa sino a Selva di Cadore ed ecco che inizia quello che è uno dei miei passi preferiti: il Giau (2236m). 10km e 29 tornanti sadici, aspri, severi, selvaggi. A distrarmi è il bellissimo panorama: un’arena naturale a cielo aperto, e le scritte sull’asfalto inneggianti ai vari campioni. Giunto in cima la soddisfazione è grande e lo spettacolo unico. Me lo godo, prima di scendere e tornare al punto di partenza.

5a: dalle stelle allo Stalle

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La giornata odierna mi porta con un lungo chilometraggio all’ascesa al passo Stalle, poco noto ai più. Sino a Dobbiaco seguo il medesimo percorso già descritto nella 3a tappa, solo che poi anzichè prendere a destra per San Candido, giro a sinistra percorrendo la ciclabile che porta a Brunico e che permette di evitare la trafficata statale. Inizialmente asfaltata, poi lo diventa a tratti alternando settori di strada bianca, comunque percorribile senza grosse difficoltà. Giunto a Valdaora di Mezzo abbandono la ciclabile e prendo la strada per Anterselva. La salita ufficialmente inizierebbe ad Anterselva di Mezzo, ma già da qualche km prima tramite diversi saliscendi, si inizia a guadagnare quota. L’ascesa misura 12km, bellissimi e incantati in un ambiente che è uno spot per la natura. Nei primi 5km le pendenze si mantengono costanti, salvo poi spianare completamente in corrispondenza del Lago di Anterselva. La strada riprende poi gradualmente a salire nel fitto bosco. Un semaforo sancisce il traffico alternato nei 4 km finali (dal minuto 0 al minuto 15 di ogni ora si può scendere dal passo, dal minuto 16 al 59 di ogni ora si può salire) dato che la sede stradale si stringe parecchio. Le pendenze si fanno decise e impegnative, ma ormai il passo è a portata di pedale. Un posto semplicemente paradisiaco. Sconfino in terra Austriaca mentre aspetto che il temporizzatore scatti e permetta di scendere dal medesimo versante. Per il rientro percorro la medesima strada a ritroso, salvo sbagliarla aggiungendoci così una salita e 15km di mancia.

6a: ci rivedremo. (Val)parola mia

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Il Valparola avrei voluto scalarlo dal versante opposto (quello di La Villa) facendo un giro più lungo. Purtroppo però non ho molto tempo in quanto devo rincasare. Così lo scalo dal versante di Cortina, passando per il Falzarego. La salita quindi è la medesima descritta nella 2a Tappa. Dal Falzarego al Valparola vanno aggiunti ulteriori 1,5km nei quali l’ambiente cambia radicalmente tramutandosi  in uno spettacolo roccioso, quasi lunare. Impressionante! La discesa, causa di forza maggiore, avviene dal medesimo versante dal quale sono salito. Tempo di sistemarmi e rincasare malinconicamente. Ci rivedremo.

7a: incubo Sampeyre

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Da Dronero ci si avvia con facili saliscendi per poco più di 20km sino a raggiungere Stroppo. In realtà sono più sali che scendi, visto che si guadagna quota, ma niente di impegnativo. La musica cambia decisamente non appena imbocco sulla destra un’amena strada indicante Elva e Sampeyre. Parte subito infatti una rampa spaccagambe che fa prendere in fretta quota. Dopo 2 o 3 tornanti giungo a Paschero, minuscolo paesino dove ne approfitto per riempire la borraccia a una fontana. Decisione saggia anche perchè da lì in poi non ne troverò più. La strada prosegue nel bosco, con una buona ombra, in un andirivieni di tornanti. Le pendenze però non mollano: di tanto in tanto l’asfalto da qualche metro di respiro, come a San Martino Superiore dove spiana per 2 o 3 km, per poi impennarsi senza preavviso. La strada è stretta per tutta l’ascesa e l’asfalto si fa via via più sconnesso, quasi a voler scoraggiare la mia ascesa. A completare la faticosa scalata ci sono ben 3 tratti di sterrato a causa di lavori sul già pessimo manto stradale. Intanto il bosco cede il passo a una vallata che si apre maestosa fra pascoli, prati e mucche. A 4/5 km dal passo rischio di sbagliare a un bivio, ma fortunatamente noto in tempo il cartello per il valico. Il passo è lì, ormai in vista, ma la strada è ancora lunga e faticosa. Le mucche intanto fanno comunella con le marmotte e i loro fischiettii. Giunto in cima dopo 18 km di faticosa salita, non posso far altro che apprezzare il panorama, nonostante la foschia, anche perchè non c’è altro, se non un minuscolo cartello di legno. La discesa verso l’abitato di Sampeyre è un autentico incubo. Buche, terriccio e sobbalzi continui sono una costante. La discesa è veramente pericolosa e non mi spiego come un manto stradale di un passo percorso da bici, moto e auto possa essere lasciato in quello stato. Ad ogni modo giungo all’abitato di Sampeyre dove imbocco, in direzione Venasca, la SP8. Fortunatamente l’asfalto qui è decisamente migliore. Poco dopo Venasca svolto a destra verso Rossana. 2 o 3 facili km di salita mi fanno passare la Colletta Rossana, per raggiungere poi Dronero, in leggera ascesa. Personalmente, vista la personale esperienza, SCONSIGLIO l’ascesa al passo (anche ipotizzando di percorrerlo in senso inverso dato che anche in salita è pessimo) vista la pericolosità della discesa, almeno finchè non verrà sistemato il manto stradale.

8a: Fauniera in solitaria

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Oggi sulla lista ho segnato uno di quei grossi ed eterni giganti: il Colle della Fauniera. Sotto un cielo grigio, mi avvio in leggera discesa in direzione Caraglio, che raggiungo dopo 8km. Prendo a destra per Valgrana e la strada inizia via via a salire. Ufficialmente la salita inizia a Pradleves (20km dalla partenza con tanto di cartello indicante l’inizio della salita), ma mi rendo subito conto come stia salendo, poco o tanto, già da qualche km. In particolare a Monterosso Grana uno strappetto deciso riscalda le gambe. Parte l’ascesa ufficiale, che inizialmente si snoda su una strada larga, ben asfaltata tra pareti rocciose e segue il corso del vispo torrente Grana, che da il nome alla valle. Curioso come una valle nota per la produzione di un formaggio che si chiama Castelmagno, prenda il suo nome da un torrente che si chiama Grana.
Il primo tratto di ascesa è facile, con pendenze poco proibitive che risalgono via via di quota. In vista dell’abitato di Campomolino la musica cambia decisamente: la strada saluta il torrente e, tramite alcuni tornanti, si innalza con decisione. Dal paese in poi parte un tratto estenuante di oltre 6km con pendenze fisse intorno al 10%! Sento ogni tanto la ruota anteriore impennarsi, segno che collego solo alle salite più aspre e dure. Al santuario di S. Magno (1741m e 13km di ascesa nella gambe), facilmente visibile salendo, termina la prima parte di scalata. Da qui in poi infatti la vista si apre sul panorama, mentre la sede stradale si ristringe sensibilmente. Un cartello di lavori in corso mi segnala la chiusura della strada che porta al passo, ma i gentili addetti ai lavori mi dicono che in bici ci si passa e mi lasciano proseguire. Rimango così solo tra le montagne, su una strada completamente chiusa al traffico. E’ silenzio totale, sento solo il mio respiro affannoso e i fischi delle marmotte, mentre le pendenze riprendono aspre e incessanti sotto le ruote.
La strada si riduce via via a una sottile lingua d’asfalto disegnata tra pascoli popolati da indifferenti mucche. Proseguo su infiniti e duri rettilinei che corrono in costa alla montagna fino a raggiungere il Colle Esischie (2352m), ma le fatiche non sono ancora finite. Raggiungo il colle, sfinito, dopo 22km di durissima ascesa. Lassù l’ambiente è scarno ed essenziale: un piccolo cartello, una statua dedicata a Pantani e niente altro.
Una fitta foschia risale da fondovalle, oscurando la vista del panorama, che posso solo immaginare.
Sapere che il Fauniera viene chiamato anche Colle dei Morti, in quell’ambiente scarno e nebbioso,  mi mette un po’ di inquietudine.
Mi getto in discesa su una strada strettissima e articolata, ma man mano che si scende la situazione gradualmente migliora. Dal cielo intanto iniziano a cadere gocce di pioggia. A Demonte termina la lunga discesa e, con continui saliscendi, raggiungo Borgo San Dalmazzo prima e Caraglio poi. Gli 8km già percorsi la mattina, mi riportano al punto di partenza dopo 102km e un bel po’ di energie in meno in corpo.

9a: Preit nato male e finito peggio

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Per la giornata odierna originariamente avevo in mente questo giro: con Preit, Esischie e discesa dalla strada percorsa il giorno prima in salita. Sapendo però che la strada verso il Fauniera è chiusa per lavori e non volendo rischiare di non poter passare, opto per rivedere il mio percorso scendendo dalla medesima strada percorsa in salita e scalare il più modesto Montemale con questo giro.
Mi avvio di buona lena risalendo la Val Maira, ma dopo appena 2km la pedalata si blocca. E’ il movimento centrale della bici! Giro e rientro a Dronero dove il meccanico dell’unica ciclofficina presente mi dice che sarebbe da cambiare, ma non ha i pezzi necessari. Me lo si sistema dicendomi che dovrebbe tenere. A me basta tenga per i due giorni che mi restano da pedalare. Riavvolgo il nastro della giornata e, ormai alle 10.30, rimonto in sella. Ripercorro la strada già fatta il primo giorno per raggiungere l’inizio della salita del Sampeyre, solo che anzichè svoltare a destra, proseguo diritto. Giungo a Ponte Marmora dopo 26km di mangia e bevi, con più salita che discesa. Qui inizia la salita vera e propria. Inizialmente fiancheggia il vispo torrente Marmora che si esibisce in salti e cascatelle. L’ascesa inizia con una bella rampa, ma poi si fa più dolce. Dopo 4km di salita, in corrispondenza di un paio di tornanti, la strada si stacca dal torrente e il movimento centrale si stacca dalla mia bici. Aimè, ha tenuto troppo poco. La mia salita purtroppo finisce qui, non mi resta che girare la bici e provare a tornare al punto di partenza. Tra rantoli metallici e lamenti ferrosi, eroicamente il mio cavallo d’acciaio mi riporta al punto di partenza. La salita di oggi rimane così per me insesplorata e anche il giro del giorno seguente (avevo 2 o 3 idee in mente) non avrà luogo. Mi darò al trekking…

10a: a proposito di passi… Si va a piedi!

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Ultima giornata lontano da casa. Purtroppo, niente gran finale in quanto la rottura del movimento centrale di ieri, costringe il mio cavallo a pedali ai box. Così, ne approfitto per una giornata all’insegna dell’altra mia passione: il trekking. Parto dalle sorgenti del Maira (1628m) per salire sino al Passo della Cavalla (2535m). Un giro ad anello con scorci mozzafiato e laghetti immacolati. Peccato solo per il tempo: foschia, vento, freddo e nuvoloni grigi che oscurano la vista. Fortunatamente niente pioggia almeno. Un po’ mestamente il mio “Esco a fare dei Passi” finisce qui, proprio camminando, ironia della sorte. Rimangono Passi da scalare ancora inesplorati, ma la voglia di sudare e alzarmi sui pedali non manca. Resto al cospetto delle montagne, immobile, in silenzio. Non so se ci saranno altre occasioni quest’anno, ma so che loro rimarranno lì, eterne e pazienti, ad aspettare il mio ritorno, a sopportare la mia andatura ciondolante e il mio respiro affannoso.