#AlpInBici – 1a Parte

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Giorni di viaggio: 15 giorni (dal 5 al 19 luglio 2014)
Distanza totale: 1090 km
Passi Alpini: 19 (dovevano essere 20, ma l’ascesa alle Tre Cime di Lavaredo è stata cancellata per le condizioni meteo)
Tappe: 15. Ecco l’elenco delle tappe che ho seguito nel mio viaggio
Mappa del percorso: Eccola
Video del viaggio: Eccolo

Se avete bisogno di altre informazioni o avete curiosità da chiedermi, scrivetemi senza problemi.

Finita per quest’anno la prima parte del mio viaggio #AlpInBici, è tempo di fare un bilancio di cosa sono stati questi 15 giorni sui pedali, sulle vette alpine.

AIB2Cosa mi lascia dunque questo viaggio? Tanto, tantissimo. Una visione della vita che in parte già avevo, ma che ora sento ancora più mia. Una visione semplice, fatta di poche cose che sono veramente indispensabili. Tutto il resto, fa volume.
L’unico rammarico è quello, rispetto al percorso che mi ero prefissato, di aver dovuto rinunciare all’ascesa alle Tre Cime di Lavaredo, ma le condizioni erano davvero pessime e rischiose, pensando anche alla discesa. So altrettanto bene, conoscendomi, che appena avrò l’occasione ci riproverò ad arrivare al Rifugio Auronzo.
Ogni Passo scalato, ogni salita, indipendentemente dall’altitudine o durezza, mi ha regalato un’emozione. Giornate magiche.

AIB3Arrivare in cima con le mie sole forze, un po’ con le gambe, un po’ col respiro, un po’ col cuore, un po’ con l’anima.
Arrivare lassù, guardare tutto da un’altra prospettiva, vedere tutto immensamente piccolo, sfiorando il cielo. Vivere un’emozione per qualche istante e poi gettarmi in discesa per tornare sulla terra. Arrivare giù, voltarmi e vedere quella montagna immensa e sentire dentro la fierezza di averla scalata con la mia volontà.
E’ come nella vita: fatichi per arrivare in vetta, per un istante di felicità, ma poi torni sulla terra e punti a nuovi obbiettivi.

AIB4Mi tengo stretto tutto di questo viaggio: il sapore dolce provato lasciando l’Italia, Paese che troppo spesso non comprendo e non tollero. Il sapore dolce rientrando in Italia, perchè nonostante troppo spesso non la comprenda e non la tolleri, in fondo è casa mia.
La fatica, la sensazione di non farcela, il pensiero di dover mollare, i denti stretti, la pioggia, i piedi bagnati, le ossa umide, i vestiti che non si asciugano, il vento contrario del Pennes e della valle di St. Moritz, la pelle scottata, i sorrisi della gente, la paura di cadere in discesa, il freddo, il ticchettio della pioggia sulla tenda, il raffreddore venuto e passato in un giorno, il copertone squarciato, la disperata ricerca di una ciclofficina, il riso scotto e ultrasalato che ho cucinato ma che vista la fame era buonissimo, il mal di gambe, le torte dei rifugi, i messaggi di conforto e supporto che mi arrivavano da twitter, le risate degli Ungheresi quando mi hanno visto passare carico come un mulo, i wafer e le banane offerte dagli Ungheresi quando hanno capito che lassù, cazzo, ci sarei arrivato ad ogni costo. Il bambino che mi applaude mentre passo, la gente che mi incita, la signora che mi offre di portarmi sino al Passo i bagagli, il sapore del sudore sulle labbra, il profumo di erba tagliata, di legna appena segata, le mucche che mi guardano curiose, le mosche che mi inseguono e che ho maledetto a più riprese, i fiori di ogni forma colore e profumo, lo sterrato, il pavè, l’acqua cristallina dei ruscelli, l’asfalto appena steso, i laghi alpini che sembrano fatati, la polvere, la mia ombra barcollante in salita, la danza sui pedali.

Questo e tanto, tanto altro è stato #AlpInBici, emozioni forse indescrivibili e uniche che mi porterò dentro per sempre.

Ma la cosa ancora più bella è la sensazione che questo viaggio non è ancora finito, ma è solo a metà del suo tragitto e, se il destino mi concederà l’onore, sarò lieto di completarlo l’anno prossimo.

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